Accesso generale
Giunti in Val Rendena, al centro dell'abitato di Spiazzo Rendena si seguono le indicazioni per la Val Borzago e per il Rifugio Carè Alto: la strada è asfaltata ma piuttosto stretta e molto ripida. Dopo alcuni km si giunge a un ampio parcheggio (località Pian della Sega, 1260 metri) dove si può lasciare l'auto.
I° Giorno
La prima “tappa” prevede un dislivello di 1200 metri e si conclude al Rifugio Dante Ongari – Carè Alto. Attraversando il bosco si segue il segnavia n. 213; dopo circa 20 minuti di marcia s'incontrano i ruderi della Malga Coel di Pelugo (1423 metri). Da lì un'altra mezz'ora di salita, un po' più impegnativa, porta alla zona di Ponte Zucal (1638 metri): un emozionante ponte in stile tibetano permette di attraversare il Rio Bedù di Pelugo, in questo punto piuttosto impetuoso e spettacolare.
La salita al rifugio si effettua su sentiero sempre ben segnalato e con pendenze piuttosto accentuate. Il rifugio (2459 metri) offre una fornita biblioteca storica; il panorama d'alta quota è indescrivibile e si può visitare la vicina Chiesetta costruita dai prigionieri russi o raggiungere la “Bocchetta del cannone” (2850 metri) prima del riposo. (3.30h)
II° Giorno
Il giorno seguente ci si sveglia prima dell'alba e si parte per il Corno di Cavento: si calcolino 3-4 ore per raggiungere la cima, ma i tempi qui dipendono molto dalla preparazione fisica del singolo escursionista e soprattutto dalle condizioni del ghiacciaio. Partiti dal rifugio, si perde subito un po' di quota scendendo su scale in pietra costruite in tempo di guerra: il sentiero è il 215 e coincide con l'itinerario naturalistico Marchetti e con il Sentiero della Pace, provenienti dal Passo Altar e dalla Val di Genova. In più punti si devono sorpassare ruscelli e torrenti di varia portata: nel punto più impegnativo due funi metalliche sospese aiutano nel passaggio.
Superati i vari torrenti si comincia a salire in direzione del “Sass de la Stria”: il sentiero è sempre ben segnalato. All' altezza del Sass de la Stria (che si tiene sulla sinistra) si giunge alla Sella di Niscli: la zona è disseminata di piccoli laghi (“I Pozzoni”); da qui “omini di pietra” posti sopra lastre tonalitiche levigate dal ghiacciaio guidano l'escursionista.
Preparata la “cordata”, calzati i ramponi e imbracciata la picozza si parte per il Corno di Cavento: il circo di montagne comincia alla nostra sinistra col maestoso Carè Alto (3463 metri) e prosegue con le Gobbe del Folletto, il monte Folletto, i Denti del Folletto, il Corno di Cavento e infine i passi di Cavento e di Lares e il Crozzom di Lares (3354 metri).
I ghiacciai sono in costante ritiro e questo che percorriamo non fa eccezione: la presenza e la visibilità dei crepacci dipende da tanti fattori e dalla stagione in cui si effettua l'escursione. L'attraversata per giungere ai piedi del Corno di Cavento è una tranquilla progressione su ghiaccio che presenta solo brevissimi tratti faticosi.
Alla base del Corno di Cavento si tolgono i ramponi e si effettuano gli ultimi cento metri di dislivello “arrampicando” su facili rocce: dappertutto reticolati, frammenti di bombe. La caratteristica croce di vetta è adornata con gli elmi dei due eserciti combattenti, con filo spinato e con ossa umane rinvenute in loco, a severo e ad eterno monito per le generazioni future. Dietro la cima, sul versante esposto che guarda la Val di Fumo, un breve tratto attrezzato permette di arrivare all'ingresso (sbarrato) dell'antica caverna austriaca e di vedere da vicino la stazione d'arrivo della teleferica italiana che giungeva dal Pian delle Lobbie.
Si compie il giro e si giunge all'entrata della “Caverna” austriaca. L'eccezionale ritrovamento e recupero dell'area, avvenuto a partire dal 2007, è dovuto all’intervento della Soprintendenza per i beni storico artistici della Provincia Autonoma di Trento, il servizio dei bacini montani, la SAT con il Comitato Storico e la collaborazione delle guide alpine. Una compagnia di zappatori austro-ungarici realizzarono la caverna in tre mesi, a partire dal febbraio del 1917. La caverna è stata gradualmente liberata dal ghiaccio nel quale era completamente immersa. I lavori hanno portato al recupero di numerosi materiali. All'interno della caverna si sono conservate brande, una postazione telefonica, una stufa a legna con la catasta di legna ben sistemata, divise, sacchi a pelo, munizioni, bombe a mano svuotate e usate come lanterne ad olio, piccoli oggetti di vita quotidiana come posate, pettini e spazzole per lucidare le scarpe.
Il ritorno si effettua su medesimo percorso dell'andata: la discesa a Pian della Sega sarà faticosa (2200 metri di dislivello), ma i luoghi per le doverose soste non mancano.
Bibliografia e cartografia
Tabacco 052 - Kompass 638
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